Trasferirsi all’estero è una cosa. Imparare una nuova lingua è un’altra. Il fatto che gli italiani siano dei veri artisti linguistici, che sospetto seriamente di inventare continuamente nuove parole, non rende le cose più facili. Non più facile, forse, ma sicuramente più divertente.
Perché non importa di cosa parliamo, e non importa cosa dico, in ogni conversazione che faccio con gli italiani, a un certo punto esclamano: “Ma Anne (Anna!), sei una tale…”
Non passa giorno che io non sia etichettata da un italiano con una parola che descriva ciò che sarei. Aspetta, cosa intendo dire? Beh, gli italiani sembrano avere una parola per ogni stato d’essere. E se non ne hanno ancora uno, trovano spontaneamente una nuova parola. Così, regolarmente, mi imbatto in un altro piccolo mistero in lingua italiana. Perché non importa di cosa parliamo, e non importa cosa dico, in ogni conversazione che faccio con gli italiani, a un certo punto esclamano: “Ma Anne (Anna!), sei una tale…”.
Quando attraverso la strada ignorando il semaforo rosso, sento – lievemente impressionato e con orgoglio – “ma quanto sei italiana!” Dai, sei proprio italiana!
Una tale cosa? Una freddolosa senza dubbio, che sento un paio di volte a settimana. Non esiste una parola né in inglese né in olandese per freddolosa. Quando attraverso la strada ignorando il semaforo rosso, sento – lievemente impressionato e con orgoglio – “ma quanto sei italiana!” Dai, sei proprio italiana! Quando però la prossima volta non attraverso la strada finché il semaforo diventi verde, sento – con un sottofondo leggermente irritato nella voce – “ma che olandese che sei”. E ti ricordi che qualche tempo fa ho scritto del fatto che gli italiani mi chiamano sempre una romantica?
Ma devo ammettere che è una cosa abbastanza delicata, perché se quell’amico mi avesse detto che ero una maiala, avrebbe sicuramente ricevuto da me una risposta formulata con passione italiana, chiedendogli come diavolo ha osato dirlo
Ieri, quando ho messo su Instagram l’ennesima foto di un piatto di pasta alla carbonara molto pieno, in poco tempo un amico italiano ha commentato: “ma che maialina che sei”. Per gli stranieri, prima di sentirti abbastanza insultato al posto mio, è importante sapere questa cosa sulla lingua italiana. Perché aggiungendo il finale “-ina” a una parola, la si trasforma in un diminutivo. E in italiano, quasi tutti i diminutivi, per definizione, non sono da intendersi come cattivi. Ma devo ammettere che è una cosa abbastanza delicata, perché se quell’amico mi avesse detto che ero una maiala, avrebbe sicuramente ricevuto da me una risposta formulata con passione italiana, chiedendogli come diavolo ha osato dirlo.
quando Alessandro, il mio coinquilino, venerdì scorso, ha organizzato una cena per amici e io ho inviato un video della quantità assolutamente ridicola di cibo considerando che eravamo solo in sette – dagli gnocchi amatriciana alle torte con Nutella e dalle pizze alla tipica cicoria romana – a un amico italiano, ho ricevuto una risposta di una singola parola: “cicciona!” Probabilmente non ti sorprenderà se ti dico che devi considerare attentamente anche chi lo dici
Così come si crea il diminutivo di una parola aggiungendo il finale ‘-ina’, si fa esattamente il contrario con il finale ‘-ona’. Questo fenomeno non esiste né in inglese né in olandese, quindi rimaniamo sull’esempio del maiale per chiarire le cose: maialina – maiala – maialona. Non c’è bisogno di dire che è meglio lasciar perdere di mai chiamare maialona una donna (Maialina = dolce, carina, divertente. Maialona = meglio che lasci l’Italia il prima possibile). Eppure gli italiani usano una parola d’ingrandimento per descrivere una donna più grossa: la cicciona. Anche se è una parola comune, bisogna fare attenzione quando la si usa. Una donna può tranquillamente dire di sé stessa che è una cicciona, o come ha detto la mia amica italiana lo scorso fine settimana: se non mi allenassi così tanto, sarei sicuramente una cicciona. Mia nonna e mia madre sono un po’ cicciona. Un’altra amica italiana mi ha spiegato che il significato non detto della parola cicciona allude al fatto che la dimensione voluttuosa è dovuta principalmente a un grande amore per tutto quel cibo delizioso. Così, quando Alessandro, il mio coinquilino, venerdì scorso, ha organizzato una cena per amici e io ho inviato un video della quantità assolutamente ridicola di cibo considerando che eravamo solo in sette – dagli gnocchi amatriciana alle torte con Nutella e dalle pizze alla tipica cicoria romana – a un amico italiano, ho ricevuto una risposta di una singola parola: “cicciona!” Probabilmente non ti sorprenderà se ti dico che devi considerare attentamente anche chi lo dici. Potrebbe essere un motivo per porre fine a un’amicizia per qualcuna che è a dieta da anni. Va da sé però che penso che ogni singola donna, indipendentemente dalle sue dimensioni e dal fatto che si ritenga o meno una cicciona, sia bella e perfetta così com’è.
Chiedere in giro tra i miei amici italiani mi ha insegnato che nessuno ne aveva sentito parlare. Nessuno, tranne Ursula
Ma se cicciona è la parola d’ingrandimento, esiste anche la parola ciccia? E se c’è, cosa significa? Chiedere in giro tra i miei amici italiani mi ha insegnato che nessuno ne aveva sentito parlare. Nessuno, tranne Ursula. La nostra cara donna delle pulizie Ursula – che, mentre fumava la sigaretta sul balcone, mi rassicurava che preferirebbe morire di cancro ai polmoni piuttosto che di coronavirus ma, allo stesso tempo, ha quasi avuto un infarto quando ho provato di uscire di casa mentre i miei capelli non erano ancora completamente asciutti – mi ha chiamato ciccia fin dal nostro primo incontro. Quando ho messo velocemente la parola in traduttore online ed è uscita una traduzione in inglese molto strana (“flab”), le ho chiesto cosa intendesse quando mi chiama ciccia. Non lo sapeva nemmeno lei, disse, ma era sicura che fossi una vera ciccia. Non aveva mai usato quella parola con nessuno prima d’ora, aggiunse. Quindi, che la donna delle pulizie mi faccia i complimenti ogni settimana o che mi chiami qualcosa di brutto, rimarrà per sempre un mistero della lingua italiana.
Sospirava pesantemente, poi mi ha indirizzato verso il Pantheon dove mi è stato permesso di guardarmi intorno per cinque minuti solo mentre lo sentivo borbottare sotto il suo respiro “ma che testarda che sei”. Per fortuna so che mettere il mio sorriso più dolce funziona sempre con gli italiani
Quello che sicuramente non voleva essere un complimento è stato quando l’altro giorno mi hanno chiamato una vera testarda. Quando sono andata a fare una passeggiata serale nell’antica Roma con un amico – che rimane magico come sempre, non importa per quanto io viva qui – visto che i ristoranti e i bar sono chiusi dopo le sei, gli ho subito detto che, in ogni caso, volevo passare al Pantheon, il mio monumento preferito di Roma. Si, si, ha detto, però dopo aver passeggiato per il Colosseo, attraverso il Foro Romano e ritorno via Circo Massimo due ore dopo, improvvisamente mancava solo mezz’ora al coprifuoco. Casualmente, il mio amico ha detto che salteremmo il Pantheon, il che ha portato immediatamente a una veemente protesta da parte mia. Nonostante le sue argomentazioni su come non ce la faremmo essere tornati a casa prima del coprifuoco, mi sono rifiutata di cedere. Sospirava pesantemente, poi mi ha indirizzato verso il Pantheon dove mi è stato permesso di guardarmi intorno per cinque minuti solo mentre lo sentivo borbottare sotto il suo respiro “ma che testarda che sei”. Per fortuna so che mettere il mio sorriso più dolce funziona sempre con gli italiani.
Giovedì scorso sono stata accolta con entusiasmo con un “Ciao gnocchetta!” Eh scusi, gnocchetta? Sai, gli gnocchi, quelle tipiche palline di pasta fatta con la fecola di patate
Ed è così che la lingua italiana ha ancora molte sorprese in serbo per me, il che mi fa sorridere regolarmente. Infatti, giovedì scorso sono stata accolta con entusiasmo con un “Ciao gnocchetta!” Eh scusi, gnocchetta? Sai, gli gnocchi, quelle tipiche palline di pasta fatta con la fecola di patate. Allora, spiegami, come potrei non amare del tutto la lingua italiana e i suoi sessanta milioni di artisti della parola?