#47 Da Parigi a Roma (Italiano)

Se hai dato un’occhiata alla foto sopra questo blog prima di iniziare a leggere, potresti aver notato qualcosa. Contrariamente a quasi tutte le altre mie foto, questa non è stata scattata in Italia, ma nella capitale francese. È passato esattamente un anno da quando ero a Parigi. Il motivo per cui ho trascorso gli ultimi giorni di settembre in questa bella città è stato in primo luogo per visitare il mio caro amico e compagno di viaggio abituale Lucas nella sua città natale e in secondo luogo, ma in realtà ancora più importante, per trovare il coraggio di andare avanti con il mio progetto di trasferirmi a Roma. Che mi trasferirei era molto chiaro per me, ma in realtà prenotare un biglietto aereo (e avere all’improvviso una data che si avvicinava ogni giorno di più) e cercare una casa (come e dove inizierei?) si è rivelata una cosa per cui mi serviva un po’ di coraggio.

E mentre camminavo in una Parigi autunnale sotto gli alberi in colori caldi, ho pensato a una persona in particolare. Una persona di cui in quello momento stavo realizzando il sogno. Dove io ero saltata su un aereo per Parigi senza pensarci troppo a lungo, quell’atto apparentemente insignificante era qualcosa per cui lei stava raccogliendo il coraggio per oltre trent’anni

Questa non sarebbe però la mia prima avventura all’estero. Nei cinque anni precedenti avevo vissuto a Bruxelles, Francoforte e Roma ed ero appena tornata da Napoli dove avevo vissuto due mesi. Ma questa volta mi sono sentita completamente diversa. Questa volta nessuno mi aspettava, niente lavoro, niente università e nemmeno una piccola pittoresca scuola di lingue. E, ancora più importante, questa volta non c’era una data di fine della mia avventura. Anche se a volte era difficile da capire per alcune persone intorno a me (“Ma come mai non sai quando tornerai?”), mi sembrava il lusso più grande. Finalmente potevo praticare una visione a lungo termine e non sarei più stata costretta a dire addio a persone a cui mi ero molto affezionata in poco tempo. A Parigi, una delle mie città preferite che stimola sempre questo senso di bellezza, libertà e avventura, io e Lucas abbiamo passeggiato per le strade per ore, fantasticando sulla mia nuova vita italiana. Per entrare nell’atmosfera, siamo usciti a cena nello stesso locale italiano per due sere, dove mi sono quasi sentita giù dalla sedia quando ho visto il prezzo per una pizza napoletana. Ero tornata da Napoli solo tre settimane prima, dove pagare più di cinque euro per una pizza margherita è considerato un vero e proprio insulto alla cultura napoletana: il buon cibo è un diritto fondamentale per tutti. E mentre camminavo in una Parigi autunnale sotto gli alberi in colori caldi, ho pensato a una persona in particolare. Una persona di cui in quello momento stavo realizzando il sogno. Dove io ero saltata su un aereo per Parigi senza pensarci troppo a lungo, quell’atto apparentemente insignificante era qualcosa per cui lei stava raccogliendo il coraggio per oltre trent’anni.

Già al primo giorno mi affidò il suo grande sogno. Era più di un sogno, chiamatelo una missione di vita, che le ha dato una prospettiva sui giorni in cui il dolore per i suoi genitori defunti l’ha travolta

Il suo nome era Lia – Amelia per intero, ma lei pensava che suonasse troppo antiquato – e con i suoi sandali con suole spesse a plateau non raggiungeva ancora la lunghezza di un metro e sessanta. Figlia di un famoso cantante napoletano morto troppo presto, aveva sempre vissuto con la madre nella casa dei genitori, situata al primo piano di un palazzo del più antico mercato di Napoli, la Pignasecca. Ormai aveva quarantaquattro anni e, nonostante ci fossero stati uomini nella sua vita, mi confidava che ogni domenica in chiesa pregava per un uomo che non fosse già sposato, tanto per cambiare. Dopo la morte della madre, avvenuta qualche anno prima, rimase tutta sola in casa. La sua stanza dell’epoca adolescente con le tende blu, i quadri che aveva creato quando era una ragazzina e il vaso con i fiori di plastica era ancora esattamente com’era venticinque anni fa, e per guadagnare un po’ di soldi in più l’ha affittata a studenti internazionali della scuola di lingue. Ed è così che la stanza di un’adolescente napoletana è diventata la mia casa temporanea l’estate scorsa. La vita di Lia era completamente ambientata a Napoli, e nonostante il caldo estremo e l’assenza del ventilatore (per non parlare dell’aria condizionata) passava la maggior parte dei suoi giorni dietro la televisione, guardando telenovele drammatiche per tutto il giorno. Il mare era, con mia grande gioia, a pochi passi da casa sua, ma comunque ci andava solo una volta alla settimana al massimo. Rifletteva sui tempi in cui suo padre era ancora vivo e si esibiva in tutta l’Italia meridionale. In un giorno molto speciale, quando era ancora una ragazzina, l’aveva portata a Roma. Lia pendeva dalle mie labbra quando le raccontavo le storie di tutti i posti che avevo visitato in Europa, e ancora di più quando le raccontavo di luoghi esotici come la Tailandia e il Vietnam. Già al primo giorno mi affidò il suo grande sogno. Era più di un sogno, chiamatelo una missione di vita, che le ha dato una prospettiva sui giorni in cui il dolore per i suoi genitori defunti l’ha travolta. Poiché ad un certo punto della sua vita arriverebbe il giorno in cui andrebbe a Parigi.

Certo, l’ho subito bombardata con la grande domanda: perché mai non aveva già prenotato un weekend nella città dell’amore per sé stessa? Ma dalla sua espressione facciale, che rivelava una combinazione di paura e malinconia, ho capito che non era così semplice

Sentiva già scorrere tra le sue dita il tessuto lussuoso di un abito Chanel, e poteva già assaporare la dolcezza di un croissant appena sfornato e friabile sulla lingua, mentre si immaginava seduta a un tavolo così chic, piccolo e rotondo, con dettagli dorati, così tipico di Parigi. Certo, l’ho subito bombardata con la grande domanda: perché mai non aveva già prenotato un weekend nella città dell’amore per sé stessa? Ma dalla sua espressione facciale, che rivelava una combinazione di paura e malinconia, ho capito che non era così semplice. Il costo di un viaggio del genere non era il problema, poteva facilmente risparmiare. Ma aveva centouno scuse per non farlo. Era da sola e, essendo una donna, si considerava troppo vulnerabile. Inoltre, non parlava francese, anche se era diventata piuttosto abile nel pronunciare Bonjour mademoiselle e Ça va?, in cui non riuscivo più a sentire il suo pesante accento napoletano. Ma poi probabilmente si perderebbe nelle strade, la gente potrebbe approfittarsi di lei o addirittura borseggiarla, e per di più non capiva come funzionava la metropolitana. A Parigi i taxi erano molto costosi, come le era stato detto da una amica. Inoltre, probabilmente pioverebbe sempre quando lei sarebbe lì, perché questa sfortuna la colpiva senza dubbio, e poi si prenderebbe un raffreddore serio. E più scuse tirava fuori Lia, che alternava costantemente con le dichiarazioni che un giorno andrebbe sicuramente a Parigi, più mi rendevo conto che il suo sogno di Parigi era in realtà molto più prezioso di una visita vera e propria.

E mentre attraversavamo le strade di Parigi, io sul retro del motorino di Lucas, mentre le luci della Torre Eiffel si abbassavano per rispetto all’ex presidente Jacques Chirac, morto quel giorno, mi chiedevo se anche la mia idea di Roma dovesse rimanere un sogno. Forse l’idea di vivere nella Città Eterna era più preziosa della realtà?

Era l’idea di Parigi, così riccamente immaginata nella sua mente, che l’ha aiutata a superare i giorni difficili. Sono state le foto delle Françaises alla moda che ha visto sulle riviste di moda (Lia non aveva una connessione internet, cosa che mi ha un po’ scioccato quando l’ho scoperto) che l’hanno ispirata durante i suoi numerosi acquisti a Napoli. Cosa succederebbe se andasse davvero a Parigi? A cosa potrebbe aggrapparsi ancora dopo il suo ritorno? E mentre attraversavamo le strade di Parigi, io sul retro del motorino di Lucas, mentre le luci della Torre Eiffel si abbassavano per rispetto all’ex presidente Jacques Chirac, morto quel giorno, mi chiedevo se anche la mia idea di Roma dovesse rimanere un sogno. Forse l’idea di vivere nella Città Eterna era più preziosa della realtà? Tuttavia, mi sono presto resa conto che io e Lia eravamo molto diverse. In fondo, il motivo per cui volevo tornare a Roma era perché ci vivevo già un anno in passato. Roma non era una fantasia per me. Non avrei mai potuto immaginare la sensazione che Roma mi ha dato prima di aver vissuto lì. In realtà, il mio sogno è iniziato solo quando ero già lì. Avevo vissuto il mio sogno. E per quanto è davvero stato fantastico, mi sono resa conto che la mia realtà non era migliore di quella di Lia. Lei aveva trovato la sua vera felicità nei suoi infiniti sogni ad occhi aperti su Parigi che amava profondamente. Io invece ero l’anima inquieta che stavo per affrontare l’avventura.

E Lia? Dopo un addio drammatico, non avevo più avuto sue notizie. Ma tengo a lei e alle lezioni di vita uniche che mi ha dato per sempre

Una volta tornata a casa, avevo prenotato il mio biglietto aereo con Lia nella mia mente. Ventiquattro ottobre 2019, il giorno in cui la mia cara nonna avrebbe compiuto cent’anni, salirei su un aereo per l’Italia. Un giorno che si avvicinava rapidamente, ma che stranamente mi dava solo un senso di tranquillità. E Lia? Dopo un addio drammatico, non avevo più avuto sue notizie. Ma tengo a lei e alle lezioni di vita uniche che mi ha dato per sempre, come il ricordo di un giorno d’autunno a Parigi.